IL MALE DELL’ANIMA E L’INIZIO DEL PERCORSO EVOLUTIVO
(4° – 20/10/2012)
Vi sono invece, a un certo livello evolutivo, coloro che cominciano a sentire qualche segnale della presenza, non dico dello spirito, perché sarebbe dire veramente troppo, ma sentono come uno stato d’insoddisfazione[1] che esprimono come depressione, come un malessere di tipo psicologico, ci siamo già occupati in una precedente seduta di questo malessere psicologico, che spesso sulla Terra voi indicate come il “male dell’anima”. È sbagliato ovviamente indicarlo come il “male dell’anima”, perché si dovrebbe dire non tanto il male dell’anima, ma il suo bene, perché colui che finalmente comincia a percepire il male dell’anima, comincia a percepire la presenza di un qualche cosa dentro di sé diverso da tutto l’apparato fisiologico del suo corpo fisico. Queste persone che cominciano a percepire un malessere interiore, sono persone che in un modo o in un altro inizieranno un percorso evolutivo. Allora io dico questo: lo spirito, nelle prime fasi delle sue incarnazioni, è un soggetto che non percepisce l’anima (e su questo non ci sono assolutamente dubbi), poi comincia a sentire questa specie di stato d’insoddisfazione e a vivere tutte queste situazioni, che voi chiamate depressione, malessere psicologico, patologie di ogni genere della psiche, nevrosi. A questo punto comincia la fase del percorso evolutivo vero, che durerà non so quante incarnazioni, non so quanti anni del vostro tempo, ma ripeto, il discorso del tempo non è un problema perché il tempo non è una realtà esistente a livello universale.
Come vi dicevo, nel momento che lo spirito comincia ad avere una qualche nozione di sé, una nozione che sembra venire anche dall’esterno, ma non è ancora una certezza!: “Forse faccio parte anche di una realtà diversa da quella di questo corpo, perché questo malessere che sento mi fa percepire una realtà lontana dal corpo, non è un malessere fisico, è un malessere psicologico”.
LA PSICHE COME MEDIATRICE TRA CORPO E ANIMA (4° – 20/10/2012)
Ed eccoci arrivati al punto dove volevo arrivare: la psiche. La psiche è la manifestazione dello spirito sulla Terra. L’apparato psichico dell’uomo, intendendo come psiche la parte, diciamo, dell’interiorità che è mediatrice tra il cervello, il corpo fisico e il subcosciente, e lo spirito è l’anima ovviamente, la parte dello spirito che nessuno come dicevo sente, questa psiche è veramente il mediatore tra il corpo e l’anima sulla Terra. La psiche malata, generalmente, appartiene a un essere umano che sente in un qualche modo la presenza della sua anima, non dico che ne è consapevole, cerchiamo di intenderci, ma comincia a sentirla, proprio perché abbiamo visto che la psiche si ammala quando va in una direzione che è opposta a quella del corpo. Quando la psiche va in una direzione opposta si ammala, perché il corpo porta alla sua propria conservazione, mentre la psiche sente anche la presenza dell’anima che la sottende. L’anima, tuttavia, come abbiamo visto – e abbiamo dato per scontato che sia un punto di riferimento basilare della nostra dottrina –, essendo assoggettata a leggi completamente differenti da quelle del corpo, segue direzioni completamente diverse. La psiche, che è la mediatrice tra l’anima e il corpo, deve trovare una direzione [per esprimersi], ma se la direzione è quella del corpo la persona che ha la percezione dell’anima si ammalerà, perché ovviamente la direzione del corpo porta dalla parte opposta rispetto a quella dell’anima. Allora bisognerà trovare un equilibrio!
L’EQUILIBRIO DELLA PSICHE E IL PERCORSO EVOLUTIVO
(4° – 20/10/2012)
Per trovare un equilibrio, l’essere che comincia a percepire il malessere della psiche, quindi che sente, ha sentito, la presenza dell’anima, deve cominciare un percorso per riequilibrare questa situazione, altrimenti la risposta sarà [alla fine] assolutamente la malattia. Ora, io dico, vi sono degli esseri che si ammalano nella psiche e che non guariscono per l’intera vita: essi dovranno trapassare e dovranno tornare per riprendere in mano una nuova vita, ma la riprenderanno in mano dal punto dove sono arrivati, partiranno da quel punto lì, da quella prova ci dovranno ripassare. Ecco perché gli esseri più evoluti sono quelli che stanno male nella vita del corpo, perché la loro psiche non può essere in equilibrio, essendo portata ovviamente molto di più verso la parte dell’anima rispetto alla parte del corpo. Trovandosi nel corpo la loro psiche giocoforza si ammalerà, perché questo corpo la sta portando in una direzione opposta a quella che è la sua direzione [in ottemperanza degli stimoli spirituali]. Ecco che mal sopporterà tutto il suo percorso nella materia e dovrà quindi lavorare, dovrà farsi strada: l’essere più evoluto è proprio quello che deve lavorare di più ed è quello che ha più prove, non è quello che ha meno prove, poiché queste prove se le è scelte proprio perché deve superarle ed è nel superarle che evolve.
È nello scontro con il corpo che l’anima evolve, è da lì che inizia il vero percorso evolutivo! A questo punto le incarnazioni si susseguiranno finché saranno necessarie, si capisce, però l’anima più è evoluta più sarà alla ricerca di sé. L’anima evoluta in un corpo è un’anima in pena, come dite voi: “Io sono un’anima in pena”! In realtà non è l’anima che è in pena: siete voi che siete in pena, perché sentite la voce della vostra anima ma non sapete capire che voce, che parole, che frasi e che linguaggio l’anima sta usando. Non avete la possibilità di decodificare il suo linguaggio essendo voi dei corpi, quindi come tali appartenete al mondo umano e alla legge umana. Per questo non riuscite a decifrare la legge universale e non riuscite a sentire la voce dell’anima; ma il problema è proprio che voi la cerchiate la voce dell’anima, perché se non la trovate state male, non c’è niente da fare!
L’essere incarnato evoluto non può che star male, a meno che non cerchi di decodificare la voce della sua anima che è l’unica voce che lo porterà a comprendere, lo porterà sulla strada giusta e, “a risparmiare” più vite nel percorso evolutivo, ora risparmiare è un termine umano, me ne rendo conto, è solo per farvi comprendere. È proprio così, cari fratelli, più lavorate e meno dovrete tornare; ma se non lavorate e cadete nella depressione che, come ripeto, è portata dalla vostra psiche che non è in equilibrio con il corpo, fermate la vostra evoluzione.
IL GIUDIZIO DEGLI ALTRI E L’AUTOGIUDIZIO – (6° – 29/12/2012)
…… il giudizio possiede due valenze; nel giudizio non ravviso sempre una valenza negativa, al contrario, sono favorevole al fatto che l’uomo sia critico. L’essere critici verso se stessi e verso gli altri è un importante mezzo di crescita, è un punto fondamentale, perché nell’ambito di questo giudizio critico – se fatto in modo onesto e leale – io vedo anche la crescita della stessa persona che giudica. Questo giudizio – se non è fatto a scopo demolitivo ma a scopo propositivo, e se nell’ambito di questo giudizio vi ci mettete anche voi come esseri individuali – diventa un giudizio esterno che porta poi all’autogiudizio, per verificare nel comportamento degli altri quelle azioni che voi avrete ritenuto positive, negative, buone o cattive sempre secondo le vostre regole umane. Ritengo che l’uomo critico verso gli altri, ma soprattutto verso se stesso, sia un uomo che si guarda dentro. L’uomo che cresce è sempre un uomo critico, che si spinge alla critica propositiva e fattiva nei confronti degli altri, ma nel contempo traspone questa critica nei confronti di se stesso. È fondamentale, nella crescita, guardare con occhio critico i comportamenti, gli atteggiamenti, le azioni degli altri, nella contestualità di queste azioni con le proprie azioni. Io vedo che molto spesso nel tuo criticare o nel tuo giudicare non c’è quell’acredine che c’è, si capisce, ad altri livelli, per altre persone che criticano per il gusto di criticare; non è questo il vostro caso proprio perché voi siete esseri che già avete capito un certo meccanismo. Questo meccanismo è dentro di voi e vi è portato dall’evoluzione delle vostre anime. L’evoluzione che voi possedete non è un’evoluzione creata ora, si è creata in anni e anni del tempo fisico, tra incarnazioni di tutti i generi, nell’avvicendarsi tra un’incarnazione e un’altra, [e voi l’avete dentro] e non vi rendete conto di averla, poiché un uomo non può sapere a che livello evolutivo si trova la propria anima. L’uomo non può guardarsi dentro a meno che non senta, non percepisca proprio l’eco dell’anima; ma questi sono casi limite già molto rari per un essere umano[2]. Nei casi comuni – soprattutto quando l’anima ormai ha raggiunto un certo livello evolutivo – porta con sé una spinta propulsiva all’evoluzione, e nell’ambito di questa spinta propulsiva io ravviso anche l’atto critico nei confronti degli altri e di se stessi. Tale atto critico porta a raggiungere una certa conoscenza, porta su un gradino più avanti l’evoluzione e la crescita dell’essere stesso. Io lo trovo necessario, addirittura non soltanto importante ma necessario, poiché colui che non giudica, non sente, non riesce ancora a volgere verso se stesso la capacità critica rispetto alla propria vita e alla vita degli altri e quindi ne concludo che ancora non vive, o vive in modo superficiale. Se voi notate, coloro che criticano [usando al meglio la loro ragione], che portano l’atto critico non solamente all’esterno di se stessi ma anche su se stessi, sono quelli che evolvono, che crescono e che fanno dei passi avanti nella loro vita. Questi progressi si vedono guardandosi indietro, guardando al passato, vedendo se voi, ora, in questa fase della vostra vita umana reagite agli stimoli sociali e ambientali nello stesso identico modo in cui reagivate, per esempio, solo 10 anni fa. Se vedete che reagite alla stessa maniera, vuol dire che non state crescendo molto. Questo è il parametro, diciamo, il criterio in base al quale dovreste esaminare la gradualità di quella che è la vostra crescita evolutiva. Se vi vedete uguali a com’eravate una volta nelle azioni e nelle reazioni, vuol dire che state facendo poco, o che in questo momento siete fermi. Se invece vedete che reagite in modo diverso, significa che state cambiando.
LA FINALITA’ DELL’INCARNAZIONE – (7° – 02/02/2013)
Il libero arbitrio per l’essere incarnato è ben poca cosa, in quanto vi sono dei percorsi che l’anima ha previsto per lui che dovranno essere attuati, poiché se ciò non avvenisse le incarnazioni non avrebbero più nessun senso, non avrebbero significato.
Le incarnazioni hanno la finalità di portarsi dietro quello che è il succo delle esperienze, di trarre dalla materialità tutta la sostanzialità possibile e immaginabile per portarsi dietro l’esperienza. Pertanto, posso dirti, rispondendo alla tua domanda, che il Creatore, nell’ambito di una legge perfetta, universale e precisa, proprio come l’abbiamo delineata nelle scorse lezioni, non poteva immaginare e creare un essere spirituale che non possedesse il libero arbitrio. Questo libero arbitrio lo possiedono tutti gli esseri spirituali, come figli del nostro Creatore, così essi possono scegliere se percorrere la materialità o se non percorrerla. Comunque tutti i campi della conoscenza a livello universale devono essere penetrati, anche se non proprio tutti certamente, perché nell’infinito è impossibile dire “tutti”.
È impossibile che una creatura spirituale possa percorrere tutti i cammini possibili e immaginabili, tuttavia, quello della materialità, è un aspetto essenziale della realtà universale, così come lo è quello della spiritualità. La realtà universale, appunto, si dirama in queste due direzioni, quella spirituale e quella materiale.
L’essenza spirituale non può essere conosciuta dallo spirito [quando è in atto l’incarnazione], ma può essere conosciuta nei percorsi, diciamo, tra le incarnazioni e anche dopo la fine della ruota incarnativa, per così dire, ma bisogna comunque anche conoscere l’altro aspetto, quello materiale, che deriva dall’esperienza di questa materialità e penetrandovi in maniera energeticamente più coinvolgente e fisica, [in senso massimo, proprio “viscerale”!], l’essere può fare quest’esperienza in modo certo, può portarsi dietro tutta la sostanza di questa esperienza. Non dovendola penetrare [cioè non incarnandosi], facendo perciò percorsi alternativi, ovviamente questi percorsi sono possibili, la materialità non viene conosciuta fino in fondo, ovvero avviene su distanze, sempre per intenderci, molto più lunghe. Questo non conviene, perché se tu sai che devi comunque giungere a un traguardo e hai due strade per raggiungerlo, una più breve e una più lunga, sicuramente tu tendi a scegliere quella più breve, il percorso più breve è quello che ti porterà prima alla méta prestabilita. Quello più lungo è una scelta più ardua, più difficile, e che ti dovrà comunque far fare tanti giri prima di arrivare alla méta e molto spesso conviene comunque allo spirito, all’anima, scegliersi il percorso più breve che è proprio quello dell’incarnazione.
LE DIVERSE ESPERIENZE DEL TRAPASSO – (10° – 19/10/2013)
Ogni spirito ha la sua esperienza, in linea di massima si può dire che lo spirito più evoluto ha una maggiore facilità a ritrovarsi nell’altro aspetto e nell’altro stato di coscienza diversificato rispetto a quello umano di cui vi parlavo poc’anzi. Lo spirito maggiormente evoluto trapassa anche più facilmente, per così dire, si ritrova anche nell’immediato, magari non nell’immediato ma sicuramente molto presto, quasi subito, nel nuovo ambiente, sempre per intenderci perché non si tratta di un ambiente con la porta, con i muri eccetera, ma si tratta di uno stato di coscienza, perché così preferisco chiamarlo. Pertanto lo spirito più evoluto ha una maggiore facilità a ritrovarsi come spirito disincarnato, a ritrovare il suo mondo, la sua vita, il suo gruppo di anime che sono già state insieme a lui in altre epoche storiche, in altri tempi, prima della sua venuta in Terra! Egli le ritroverà, ritroverà il suo gruppo di anime, perché le anime come sappiamo viaggiano per affinità; ora questi gruppi di anime poi verranno arricchiti dei nuovi arrivati i quali si introdurranno così come si introducono gli scolari nelle scuole a seconda della loro abilità. Non si può introdurre un bimbo che frequenta la prima elementare in una classe dove vi sono alunni che frequentano la quinta elementare; vi sono tutti gli stadi, in questo senso, io li chiamo come al solito “stati di coscienza” e che coincidono con la diversità dell’evoluzione dello spirito. Ora lo spirito che invece si trova come un bambino, magari alle prime incarnazioni, o si trova comunque ad un livello ancora elementare di evoluzione, fatica di più nel trapasso, si trova comunque più disorientato, non si trova immediatamente a suo agio. Tuttavia come vi abbiamo anche spiegato ampiamente noi spiriti, viene aiutato, nessuno è mai lasciato solo nell’Universo, vi è la legge di coesione, la legge di fratellanza, di tolleranza, vi è l’amore che porta tutti gli elementi spirituali individualizzati a questa coesione universale che non permette mai che qualcuno possa rimanere comunque estraniato da questa grande legge. Ѐ la legge che tutto permette e voi sapete che alle leggi divine non si trasgredisce, esse operano automaticamente nell’Universo, esse vi sono e lo spirito ne è ben consapevole quando lascia la Terra e diventa spirito, quella è la sua casa, quella è la sua patria, il suo elemento naturale e si trova immerso in questo elemento naturale trovando nella naturalità della sua esperienza, della sua individualità anche le sue leggi, la manifestazione delle quali è già insita nell’Universo.
L’universo manifesta le sue leggi con gli effetti, vi sono le cause ma lo spirito ne intravede gli effetti, ma dagli effetti si risale alle cause è una conseguenzialità ineliminabile, non si può prescindere da questo aspetto di coesione e di unione spirito-legge, legge-spirito, legge-Dio-Universo. Sono delle equazioni imprescindibili che sono state comunque create dal nostro Creatore, dal nostro Dio e lo spirito ne è ben consapevole nel momento in cui torna spirito, non si può mai perdere e rientra nella grande legge, rientra nell’Universo, nella propria casa, quella in cui è sempre vissuto, quella in cui è nato, è il suo elemento naturale. Quello che non è l’elemento naturale è la corporeità, è la vita sulla Terra, in quanto il corpo è pur sempre un elemento estraneo per lo spirito, è un elemento che è importante, che serve allo spirito, ma semplicemente se ne serve, è come servirsi di qualche cosa che ora serve ma poi non servirà più. Allorché esso non servirà più lo spirito se ne sbarazzerà, per così dire, lo eliminerà, non è più importante in quel punto, diciamo, del tragitto evolutivo della sua anima, possedere quel corpo. Dunque se ne spoglia proprio perché vi è un percorso già descritto e già comunque ben inciso nella pellicola dalla quale non si può prescindere, che non si può eliminare e lo spirito vi si trova coinvolto nel momento in cui possiede il corpo. Ma quando poi questo corpo viene ad essere eliminato, lo spirito si ritrova con tutta la sua coscienza, si ritrova con tutta la sua individualità nell’ambito di queste leggi precise che non può ignorare perché automaticamente gli scattano dentro così come deve avvenire nell’auto-giudizio che è proprio di tutte le anime che lasciano la Terra.
[1] Lo “stato d’insoddisfazione” è un sintomo tra i primi della presenza spirituale, e deriva principalmente da segnali spirituali inconsci che non sono correttamente posti in atto a livello di azioni del conscio del soggetto umano. Tali “insoddisfazioni”, se non accolte e portate in atto nel vissuto, si sedimentano, portando a una condizione cronica d’insoddisfazione psico-esistenziale.
[2] A certi livelli evolutivi si deve però cercare di fare, di riassumere, di rendere evidente un proprio quadro evolutivo, cercare cioè di capire anche in via approssimativa a quale livello ci si trova, anche con l’aiuto di un confronto-dialogo esterno che faccia da specchio. Evidentemente questa azione verso di sé è oltremodo valida proprio per conoscere se stessi e il proprio momento esistenziale ed evolutivo!